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20.03.2015
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Tutti vogliono il made in Italy in tavola: potenzialità da non perdere

1,2 miliardi di persone nel mondo ogni anno comprano almeno un prodotto alimentare italiano. Presentando questo dato Federalimentare ricordare quanto sia grande il potenziale attrattivo che il made in Italy legato al cibo esercita in tutto il globo.

Una miniera, però, che il nostro Paese fatica a gestire come dovrebbe, piazzandosi appena al decimo posto tra gli esportatori mondiali del settore agroalimentare. L’export alimentare italiano, secondo le stime più accreditate, può aumentare dagli attuali 26 miliardi a 70 miliardi di euro nell’arco di 10 anni e il cibo made in Italy può uscire dalla catalogazione di nicchia per diventare un prodotto acquistato quotidianamente o quasi.

Nello specifico del settore ortofrutticolo, allo stesso modo l’Italia può fare molto di più e meglio. L’ultima elaborazione Ismea sui dati Istat rileva che le tonnellate di frutta esportate dal nostro Paese sono 2,5 milioni, mentre si fermano ad appena  1 milione le tonnellate di ortaggi (escluse le patate e circa 250mila tonnellate di agrumi): dati che collocano lo Stivale rispettivamente al sesto posto nel ranking degli esportatori di frutta e al sedicesimo in quello degli esportatori di ortaggi. Un piazzamento che, considerate le potenzialità della filiera, lascia molto a desiderare.

Favorevoli prospettive di crescita, però, ci sono tutte. Stando al Rapporto Export 2014-2017 SACE, si assisterà a un’accelerazione dell’economia e del commercio globali, da cui trarrà beneficio anche l’export italiano. Le esportazioni italiane di beni agricoli e alimentari, in particolare, cresceranno più velocemente rispetto a quelle degli altri prodotti manifatturieri (+8,7% medio annuo nel quadriennio contro il 7,3% stimato per il totale beni), beneficiando di punti di forza come tradizione e certificazione.

Da non sottovalutare anche l’impegno costante della filiera italiana dell’agroalimentare  verso un modello di produzione sempre più sostenibile. Come rileva Federalimentare, infatti, l'industria alimentare italiana ha dimezzato in 30 anni l'utilizzo dell'acqua, ha abbassato i consumi energetici del 20%, ha ridotto le emissioni di gas serra del 30% e ottimizzato il packaging, diminuendo l'impiego di materia prima del 40%. I produttori investono ogni anno il 2% del fatturato, circa 2,6 miliardi di euro, per garantire sicurezza e qualità, 10 miliardi (8% del fatturato) per ricerca, sviluppo e innovazione, mentre l'1,6% per l'innovazione di processo e di prodotto. Un approccio perfettamente in linea con la sfida promossa dall’Expo  “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”.