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14.09.2016
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L’EDITORIALE DI ANTONIO SCHIAVELLI

Cari amici,

Riprendiamo l’iniziativa di pubblicare una news letter specifica legata alle attività e soprattutto alle dinamiche sottese al settore Ortofrutticolo Organizzato. Nessuna pretesa di sostituirsi o di integrare altre e più autorevoli forme di comunicazione, ma si avverte l’esigenza di avere un oggetto ed uno strumento che accompagni la nostra azione quotidiana, che ne enfatizzi il lavoro e la proiezione, e che soprattutto racconti e testimoni di un mondo troppo spesso mistificato o completamente sconosciuto.

Premesso che vorremmo incentrare la nostra azione avendo quale riferimento i “5 Colori del Benessere”, così da valorizzare uno strumento di sintesi  l’immagine della nostra Ortofrutta, ed aiutare le nostre produzioni a uscire da un colpevole, indistinto anonimato, per favorire un rapporto sempre più intenso e proficuo tra chi produce e chi consuma. Molto sommessamente e con molta umiltà mi pare si possa registrare una profonda stagnazione di riflessioni e proposte sulla funzione delle OP e sulle implicazioni economiche, sociali e culturali che lo strumento giuridico si porta dietro. Non dimentichiamo che l’Ortofrutta è stata la prima filiera ad utilizzare questo tipo di approccio, che nella sua declinazione di Piano Operativo ha trovato la sua puntuale concretizzazione con una considerazione ed una compartecipazione anche economica da parte degli agricoltori. 

Da loro vorrei partire perché a mio avviso abbiamo la necessità di ribadire con maggior vigore, a partire da noi stessi, la “mission” essenziale delle OP. Senza voler offendere nessuno, non mi sembra di registrare in sede comunitaria una grandissima ricchezza di pensiero semmai il tentativo, peraltro encomiabile, di fare una minestra più buona possibile con quello che c’è. Credo che l’impegno della Commissione europea per addivenire ad un atto delegato ed ad un regolamento esecutivo vada letto in questa direzione anche se non posso far finta di non vedere i tempi biblici necessari per la messa a punto di un quadro di riferimento comunitario organico: tre anni per definire un atto delegato che supporta un regolamento del Consiglio (1308/2013) e un provvedimento normativo  di modifica di un precedente regolamento della Commissione (543/2011) non sono accettabili! Le imprese – perché le OP sono imprese – non possono più tollerare questi tempi.

Proprio l’atteso provvedimento ribadisce, senza equivoci, che l’attività principale di un’organizzazione di produttori ortofrutticoli consiste nella concentrazione dell’offerta con il fine di rafforzare la posizione dei produttori nella filiera alimentare e nella commercializzazione dei prodotti dei soci per i quali è riconosciuta. L’immissione sul mercato deve essere effettuata dall'organizzazione di produttori, o sotto il controllo dell'organizzazione di produttori in caso di esternalizzazione. Questo include la decisione sul prodotto da vendere, la scelta del canale di distribuzione e a meno che la vendita non venga fatta tramite asta, la negoziazione sulle quantità ed il prezzo. Ho letto e riletto questo passaggio per fissarlo nella mia mente e non dimenticarlo cinque minuti dopo averlo letto: rafforzare la posizione dei produttori nella filiera alimentare e nella commercializzazione dei prodotti dei soci, quasi un “mantra” da ripetere costantemente. Nello stesso tempo non dimentico gli obiettivi che le OP sono chiamate a perseguire come  il miglioramento della qualità, la sostenibilità ambientale, la programmazione tra domanda e offerta. Un carico di responsabilità non indifferente al quale non vogliamo sottrarci ma che mette in forte evidenza come le OP abbiano una funzione pubblico/privata. Una strada, quella tracciata dall’Unione Europea, che dobbiamo liberare dagli ostacoli che ogni giorno si svelano davanti ai nostri occhi come un sofisticato videogioco. Per un attimo voglio dimenticarmi dei problemi con l’Unione europea e soffermarmi sulle problematiche di casa nostra per sottolineare ancora una volta come la nostra esigenza primaria sia poter contare su procedure univoche e uguali per tutti. Purtroppo, e chi opera nel nostro comparto lo sa, siamo vittime di miriadi di interpretazioni della norma da parte di regioni, amministrazioni e singoli funzionari, talvolta scritte e talvolta no. Disciplinari, massimali e procedure diverse tra una Regione ed un’altra. Potremmo fare un elenco molto dettagliato – e non è detto che prima o poi non lo si renda pubblico – delle incongruenze che pesano enormemente sulle spalle delle OP, che magari hanno soci in Regioni o territori diversi. Talvolta per rendere più semplici le cose basterebbe non fare nulla perché i regolamenti comunitari sono direttamente applicabili e qualunque interpretazione complica invece di semplificare. Cosa bisogna fare perché le regole e le procedure  per un’organizzazione di produttori in Italia siano le stesse della Spagna, ma anche in Veneto come in Campania o tra un’OP che ha sede in Emilia Romagna e una in Sicilia? Tutto questo è un macigno enorme che impedisce alle nostre Organizzazioni di essere più competitive sui mercati. Possiamo chiedere al Ministro Martina e ai nostri Assessori un impegno forte in questa direzione?  E’ un’operazione in invarianza di bilancio, non onerosa  che, tra le altre cose, determinerebbe una significativa riduzione di costi. Apprezzo il Ministro Martina quando parla della SEMPLIFICAZIONE come una delle necessità più impellenti per la nostra agricoltura: partire da avere regole e  procedure uguali per tutti sarebbe un risultato straordinario! Basta volerlo.