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30.05.2012
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INTERVISTA AD AMBROGIO DE PONTI PRESIDENTE UNAPROA di Letizia Martirano
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Confermato presidente dell'Unaproa per i prossimi tre anni, Ambrogio De Ponti, produttore orticolo  in Lombardia  traccia in questa intervista il suo programma di lavoro e analizza le questioni piu' salienti che in questa fase riguardano l'ortofrutta, a cominciare dall'articolo 62 del decreto liberalizzazioni, che riguarda i rapporti di filiera. Norma, ricorda De Ponti, che si deve al coraggio del ministro delle politiche agricole Mario Catania.

Presidente è stato appena confermato alla guida  di Unaproa, quali sono le linee programmatiche del suo mandato?

La fiducia accordatami dal Consiglio di Amministrazione di Unaproa è per me un grande onore, ed allo stesso tempo una grande responsabilità, che accolgo serenamente, potendo contare su un Consiglio di Amministrazione unito e su una struttura molto ben organizzata. Nello stesso Consiglio abbiamo a lungo ragionato sulla nuova missione di Unaproa, tenendo conto dei notevoli cambiamenti in atto, che modificano velocemente il contesto operativo che ci circonda. Conseguentemente anche noi dobbiamo esser pronti a cogliere le opportunità che questi cambiamenti portano con se, senza indugi e con fiducia. Nel concreto significa che, se da un lato dobbiamo essere ancora più bravi di quanto in effetti già lo siamo nel seguire le nostre OP nei loro problemi quotidiani, da un altro lato vuol dire che dobbiamo dare concrete ed immediate risposte ai nuovi bisogni che si stanno facendo pressanti. Alcuni dei quali, per dirla sinceramente, sono sempre esistiti, ma di cui nessuno si è preoccupato fino in fondo. Anche per questo ci siamo imposti di ragionare come una azienda, sia pure particolare, ma pur sempre azienda. E se l’innovazione rappresenta  il corretto approccio mentale che una moderna azienda deve avere per affrontare il mercato, ebbene per noi deve essere la stessa cosa.

Puo' dare qualche dettaglio?

La stessa applicazione dell’art. 62 del decreto legge sulle liberalizzazioni cambierà i rapporti all’interno della filiera più di quanto molti hanno in effetti compreso; ed è lì che noi dobbiamo esserci, insieme ai nostri soci, per aiutarli nelle sfide quotidiane con il mercato, sempre più complesso e competitivo;  nei rapporti con il credito, utilizzando tutti gli strumenti pubblici e privati che già esistono o che possono essere attivati velocemente; oppure affrontando problemi apparentemente minori, ma di immediato interesse, come aiutare i nostri soci, in collaborazione con le aziende produttrici di agro farmaci, ad ottenere pari opportunità di utilizzo dei mezzi di difesa delle colture rispetto ai nostri concorrenti produttori europei. Anche l’annoso problema degli imballaggi deve essere ormai affrontato in modo, vorrei dire, definitivo, e metter così ordine ad un sistema che va contro ogni logica della economicità e del corretto rapporto con l’ambiente. Infine non dobbiamo mai dimenticare che una delle nostre missioni principali è lo sviluppo di una maggiore aggregazione del sistema ortofrutticolo, di una concentrazione dell’offerta sempre più efficace. Credo ci sia ancora molto lavoro da fare, anche perché in molte regioni, soprattutto nel Mezzogiorno, il livello di aggregazione è ancora troppo basso. Così come per l’Interprofessione, che dovrebbe essere uno strumento essenziale per i rapporti di filiera, ma che ormai per funzionare necessita di una non più rinviabile revisione dell’impianto normativo, a partire dal Decreto Legislativo 102/2005 sulla regolazione dei mercati. E mi fermo qui, anche se le cose concrete da fare, Le garantisco, sono molte.

Cosa vi aspettate che succeda al momento della applicazione dell'articolo 62?

Come Le ho detto i principi ispiratori sono da noi totalmente condivisi. A questo riguardo vorrei nuovamente ringraziare il Ministro Catania per il coraggio e la determinazione con cui ha difeso il provvedimento. Confido che il decreto attuativo porti ulteriore chiarezza e dettaglio su alcuni punti importanti, come le forme contrattuali e la garanzia sul loro rispetto.  Sono sicuro che così sarà. Noi, sostanzialmente, ci aspettiamo maggiore trasparenza ed equità nei rapporti con i nostri clienti, così da poter iniziare o, continuare, dove questo già – raramente – accade, un processo di virtuosa collaborazione per una equa distribuzione del valore nell’interesse di tutti. Diciamo anche che non è più tollerabile che anche nel nostro settore - e non solo nel mondo del commercio del riso, come ci ricordava il Ministro Catania in occasione della nostra recente Assemblea - esistano ancora i mediatori, soggetti che senza offrire alcun reale servizio, guadagnano più dei produttori. E non si creda che questo avvenga  solo nei periferici mercati del Sud. Li troviamo anche nella moderna distribuzione, con altri nomi, ma l’attività è la stessa. Bisogna premiare il lavoro e non la rendita, e ci auguriamo che l’applicazione delle nuove norme dirigano in concreto in tale direzione. Le nostre OP  devono però essere pronte a questa sfida, devono candidarsi senza timore ad avere un ruolo sempre più da protagoniste all’interno della filiera, e noi vogliamo essere con loro in questa scommessa.

Cosa pensa UNAPROA della riforma della Pac? Quali risvolti ci sono per l'ortofrutta?

Mi sembra evidente che dobbiamo abituarci a condizioni orizzontali per tutti i settori. Non a caso oggi si parla di OCM unica anche se talune peculiarità rimangono. Ho già avuto modo di dire che l’attuale impalcatura normativa non rispecchia interamente le esigenze che si sono venute a creare dopo la riforma del 2007. Per questo dobbiamo spingere perché ci sia un rafforzamento del ruolo delle OP e delle AOP come imprese, sempre più qualificate. Saremo più competitivi ed in grado di assicurare risultati soddisfacenti solo se avremo un ruolo sempre più diretto con il mercato, con meno intermediazioni possibili, eliminando ciò che è inutile. Se questo vuol dire filiera corta allora evviva la filiera corta. Mi auguro che questo spirito sia la componente essenziale della prossima riforma. Un altro tema che spero sia affrontato è quello dei prodotti trasformati già a partire dalla loro denominazione perché i nostri sono prodotti preparati e conservati che non perdono le loro caratteristiche primarie. Mi auguro che rientrino a pieno titolo nell’ambito dell’OCM perché sono una componente essenziale della nostra economia e dei nostri stili di vita alimentari. Terzo aspetto un diverso approccio alla prevenzione e gestione delle crisi a partire da una nuova gestione dei fondi mutualistici, la possibilità di attivare azione di ricerca e sviluppo così come un diverso modo di intendere i ritiri dal mercato. Credo ad esempio che la distribuzione gratuita per la beneficenza possa essere agevolata ampliando i possibili beneficiari a livello comunitario e individuando soluzioni che favoriscano lo smaltimento del prodotto giacente nei magazzini.

Lei pensa che si possa guardare con ottimismo al futuro dell’ortofrutta?

Nella mia relazione di fine mandato non ho voluto evidenziare le molte criticità che dobbiamo quotidianamente affrontare; non perché non le conosca, o peggio,  sia insensibile ad esse. Sono anch’io un produttore e le conosco bene così come le conoscono i miei colleghi. In quella occasione ho voluto concludere il mio intervento con la nota considerazione di Einstein sulla crisi come opportunità e benedizione, e con il suo appello a smetterla di lamentarsi ma, al contrario, di impegnarsi a lavorare sodo! Questo è quello che penso sinceramente. Ma attenzione, non è ottimismo, è semplicemente realismo.